Luci e ombre_Sana 2018_parte 1

Dopo tre anni, sono tornata al Sana quest’anno, nel 2018
E’ stata una toccata e fuga, di domenica, senza un programma prestabilito da seguire.
Mi scuso quindi già in anticipo se non ho fatto un lavoro scientifico di telecronaca sulle novità, ma penso potrete trovarne uno in ogni dove sui social ;-)
Sono cambiate davvero tante cose dal mio primo Sana, nel 2015...
La prima cosa che ho notato è che il padiglione dedicato alla cosmesi biologica non era uno solo, ma ben due.
Le aziende nate ultimamente sono davvero tante.
La seconda cosa, che mi pare sia totalmente cambiata in questi anni è il marketing di questo settore. 
Ci ragionavo già da un po’, credo che la rivoluzione più grande sia stato proprio l’avvento di Instagram. IG è una vetrina in cui le aziende possono spammare immagini dei propri prodotti, entrando quasi nell’inconscio dei desideri delle persone, più efficacemente di qualsiasi altro mezzo pubblicitario del passato. Tutto questo ha travolto anche il settore della cosmesi biologica, nato, invece, per principi etici e scelte di vita ecocompatibili, attenzione alla salute a trecentosessanta gradi (non solo del corpo ma anche, per così dire, dell’anima) nell’ottica cioè del benessere della persona (al di là del consumismo delle grandi “major”), della rivalutazione della piccola e media imprenditoria, del made in Italy, del km zero etc. etc. …così, giusto per “rispolverare” alcuni dei concetti base, che ne dite?
Dopo l’ondata dei forum "vecchio stile" del settore (Saicosatispalmil’Angolo di Lola, Fabrizio Zago), dopo quella di blogger e  youtuber (diciamo fra il 2009 e il 2010), dopo l'avvento dei gruppi FB, quando cominciavano a contare “i numeri” di seguaci al seguito (che balzavano all’attenzione delle aziende per inviare loro scontistiche ad hoc), adesso, con l'avvento di Instagram, sono nati come funghi profili di influencer, che, a colpi di tag, foto e qualche riga di recensione, hanno raggiunto rapidamente visibilità e attenzione.
Su IG le stesse youtuber hanno dovuto reinventarsi per creare nuovo traffico per i propri canali social tradizionali; ci sono ragazze che hanno trovato il coraggio di creare un loro profilo raggiungendo, in pochi mesi, un grande seguito; ci sono altre che scambiano “follow e unfollow” sperando di poter diventare “famose”. Molte di loro hanno tutto l’entusiasmo e la genuinità della gioventù, altre la positività di una rinascita in un momento di vita adulta, altre hanno semplicemente la voglia di trovare amicizie con una passione comune; c’è poi chi aspira semplicemente a farsi vedere, sentirsi come un personaggio famoso, magari guadagnarci per vivere.
Al di là del motivo iniziale o dell’aspirazione finale, c’è tanta bella gente fra queste donne e ragazze. Dopo il Sana 2018 sto leggendo continuamente resoconti di bellissime esperienze, di incontri, di affetto, di abbracci, di positività, di delicatezza. Ora, o è la fiera del buonismo e della falsità dietro l’apparenza, o c’è anche qualcosa di molto forte e vero dietro tutto questo fenomeno, anzi ne sono convinta. Io stessa ho avuto bellissimi incontri anche quest’anno sia con aziende che con ragazze che non avevo mai incontrato prima di persona. Scegliere il “bio” è in fondo voler riscoprire una dimensione naturale e quindi anche “umana” dell’esistenza.  Non voglio quindi, come si suol dire, “buttare il bambino con l’acqua sporca”, né gettare un’ombra di negatività su tutta la bellezza che si legge e che sta scorrendo in questi giorni sui vari profili, ma quest’anno mi sono portata a casa sensazioni e riflessioni anche “ombrose”.
I numeri di "seguaci" hanno sempre contato, ieri come oggi, ma se la blogger o youtuber che acquistava esclusivamente prodotti interamente naturali doveva essere almeno una consumatrice consapevole o quantomeno disposta a studiare e imparare, oggi, per diventare “influencer” basta un lavoro certosino  di social media marketing per cui, se Aranzulla era la bibbia per cercare di destreggiarsi su blogspot, adesso ci sono influencer che ne sanno più di Dario VignaliJ
In fondo basta poco e tanto, allo stesso tempo: piccole strategie di marketing e uno stakanovistico lavoro di aggiornamento quotidiano fanno raggiungere rapidamente quei numeri necessari per far balzare il proprio profilo all’attenzione delle aziende, ben più rapidamente di quanto in passato si potesse fare tramite altri canali.
Ovviamente conta anche lo stile, la capacità di fare belle foto, di rendere la propria vita e i propri acquisti una specie di diario minuto per minuto, conta anche il narcisismo di farsi vedere photoshoppate con makeup amatoriali e perfino il coraggio di mostrarsi spalmate di qualsiasi cosa nell’intimità del proprio bagno di casa, con la faccia in un aspetto al cui paragone l’Urlo di Munch fa meno paura J
Confesso che a me piace seguire IG, ammiro sinceramente chi riesce a condensare in sé tutte queste capacità di cui sopra, forse perché è quanto di più distante dalla mia riservatezza. Nel mio piccolo mi diverte semplicemente scattare foto e creare una bacheca ordinata giocando con i colori; inoltre trovo molto piacevole poter interagire con più persone, senza stare a dover dedicare il tempo della scrittura di un articolo in attesa che qualcuno lo legga e commenti. 
Facile, rapido, divertente da seguire, Instagram permette anche di creare un profilo che diventa così una sorta di proprio tamagotchi (chi se li ricorda?) nutrito a tag.
Al "bottino" che ogni blogger che andava al Sana mostrava per far vedere i prodotti ricevuti gratuitamente dalle aziende,  (mentre all’epoca le semplici consumatrici finali si lamentavano del girare per gli stand senza poter ricevere nulla, ve lo ricordate?), oggi si affianca la telecronaca diretta degli eventi, minuto per minuto, tramite le stories di IG, a caccia dell’esclusiva o della notizia data per prima ( anzi, alle "colleghe", suggerirei di recarci tutte strategicamente al Sana di venerdì, all’apertura dei cancelli, come quando a Londra cominciano i saldi eh eh).
Io stessa mi sono resa conto che, con tutti i video che sono stati fatti quest'anno, sarei potuta rimanere comodamente sul divano a seguire virtualmente tutta la fiera.
Andarci, però, oltre ad essersi confermato il parco giochi per una persona che ama i prodotti cosmetici interamente naturali (per poterli annusare, swatchare e toccare dal vivo), oltre ad essere l'occasione di sempre per incontrare di persona  i titolari delle aziende, vedere per la prima volta dal vivo persone che conosco solamente virtualmente o incontrare quelle che non avrei altra opportunità di rivedere, è stato anche un modo per capire cosa non mi piace più di questo settore e di come sta diventando.
La parola chiave, oggi più che mani, nella cosmesi naturale come nella società, è “novità” in ogni senso: nel lancio dei prodotti, nelle notizie, in quel gioco consumistico per cui “nuovo è bello e giusto”. Allora, se per il makeup le tendenze moda danno lo spunto per rinnovare i colori di una gamma di rossetti, nel campo cosmetico diventa sempre più difficile inventarsi qualcosa di realmente nuovo che non sia, che so, una linea di prodotti capelli laddove il proprio brand non ne aveva una. Personalmente credo che sia un peccato per quei prodotti validi che, per questa logica, invece, restano sul mercato il tempo di una moda e vanno poi fuori produzione solamente perché cadono rapidamente nel dimenticatoio. La mia però non vuole essere una riflessione in tal senso, sulla quale c'è già stata già un'ampia letteratura al riguardo. 
Allora forse starete pensando che io mi stia per mettere a parlare di certe polemiche nate attorno alle scelte di marketing di alcune aziende che  hanno invitato al Sana “personaggi famosi” che non c’entrano nulla con questo settore...? No, neanche. In fondo le polemiche fanno parte del “gioco”: ci sono sempre state, oggi come ieri, ad ogni fiera ce n’è una. 
Quello che mi ha lasciato una sensazione negativa (e che sta portandomi anche a riflettere sul mio mio essere "blogger"), invece, è una certa tendenza comune e ben più profonda che ho notato, in prima persona, fra molti stand. Provo a raccontarvela, anche se è difficile metterla a fuoco e resta una questione molto più complessa di quanto io riesca a sintetizzare qui.
Nel 2015 ricordo che mi colpì la figura dei “commerciali”, cioè uomini in giacca e cravatta che, soprattutto le aziende più grandi, avevano nel loro team e che , invece, mancavano nelle piccole aziende in cui c’erano al massimo i titolari. Del resto, a molti oramai sfugge il concetto che la fiera sia nata per addetti ai lavori, cioè negozianti che vanno a conoscere e scegliere le linee cosmetiche da inserire nelle forniture da acquistare per le proprie clienti, dovendo quindi discutere anche di contratti e questioni economiche. Quest'anno, invece, mi ha colpito il fatto che molte aziende (anche piccole) avessero un team con più persone, ognuna con il proprio ruolo preciso, alcune ragazze poste a fare le "informatrici" con un copione imparato a memoria (che spesso, alla prima domanda sull'INCI, entravano in crisi, povere!) e soprattutto la presenza di un responsabile marketing anzi un "social media marketing".
Con alcune aziende mi è capitato di dovermi presentare come “blogger” sia perché ad alcune mi sarebbe piaciuto far conoscere ciò che scrivo, sia perché ci sono caduta io stessa in un certo meccanismo di “filtro”: laddove, infatti, la domanda, non è stata direttamente “quanti numeri hai?”, sono stata dirottata a parlare con un responsabile marketing che ovviamente è persona pagata e preparata sui nomi delle influencer dell’ultimo grido, anziché conoscere bene l'azienda che rappresenta. Alle mie prime domande sui prodotti spesso mi è stato chiesto quasi subito chi fossi (non certamente una "con i numeri", dal loro punto di vista) per liquidarmi rapidamente, dandomi due campioncini e una brochure, con la presunzione di sapere che quello fosse il mio obiettivo da ottenere. 
Così mi sono messa a girovagare fra stand più piccoli e deserti (visto che altri che mi interessavano erano troppo affollati), alla scoperta di brand sconosciuti e mi ha colpito un altro fenomeno: entusiasmo, ma anche grande ingenuità.
Così ho capito una cosa: fra imprenditori che si sono lanciati sul mercato per cavalcare l’onda di un possibile business e aziende nate ingenuamente da una generica passione per il “bio”, la vera discriminante resta sempre la competenza.
Senza rendermene conto, come le aziende mi dimostravano di avere un criterio di "catalogazione" nei miei confronti e una strategia di marketing alle volte più efficace dei loro INCI, ho maturato anche io la mia domanda discriminante per loro: avete un laboratorio vostro o fate produrre a terzi?
Nel primo caso c'era sicuramente più cognizione di causa che nel secondo.
Le conversazioni più interessanti,  infatti, le ho avute con le aziende con le quali ho potuto parlare direttamente con il titolare che, non dico debba necessariamente essere il formulatore, ma si spera sia una persona consapevole di quello che c'è nei propri prodotti. E non basta dire “ho la certificazione migliore” quando neanche si sanno le differenze con le altre esistenti, convinti di avere il top quando invece era semplicemente la cosa più ragionevole economicamente da acquistare in una fase di start-up. E fate attenzione a dire “abbiamo le migliori formulazioni in commercio” perché magari, chi vi è di fronte, un minimo sa leggere un INCI (che –per carità- non è tutto) e ne ha visti di talmente simili in fiera e con ingredienti così standard che non serve essere Lola per fare il gioco del “trova le differenze” imparato sulla settimana enigmistica da piccoli :-)
Ironia a parte, a dispetto di un’affluenza di visitatori che sembra essere diminuita rispetto agli anni passati -almeno a detta di alcuni espositori- ho avuto l’impressione che il numero di “blogger” in visita sia triplicato e che le stesse aziende si siano adeguate o abbiano provato ad adeguarsi al fenomeno. Confesso che mi sarebbe piaciuto avvicinarmi ad alcuni stand, avrei voluto testare i loro prodotti e fare due o tre domande per capire chi fossero e come ragionassero, ma mi è stato praticamente impossibile riuscire a parlarci. 
Tutta questa riflessione sul Sana 2018 non vuole essere una polemica, ma un'analisi di luci e ombre, almeno per quello che la mia piccola-grande esperienza in questo settore mi ha suggerito di fare e per quelle che sono state le mie sensazioni e riflessioni in questi giorni successivi alla mia trasferta bolognese.
Dal mio primo Sana nel 2015 sono probabilmente cambiata anche io: il mio viaggio nella cosmesi naturale -come chiamo sempre quel percorso di apprendimento continuo che è voler essere una consumatrice consapevole e appassionata- continua ad essere in evoluzione.
Non sono mai voluta comparire sui miei canali (e mai lo farò) e ho sempre puntato solamente a scrivere e condividere contenuti: forse anche  per questo sento sempre più stretta la definizione di "blogger" e vorrei trovare una nuova dimensione con le competenze che ho sviluppato negli anni...non so, è forse una fase di transizione anche per me.

In generale, ho avuto l'impressione che anche le aziende storiche si ritrovino oramai a fare i conti, oltre che con una concorrenza sempre più numerosa, con il dover cercare di destreggiarsi fra queste nuove tendenze del marketing. La domanda è: è possibile conciliare tutto questo con qualità, passione, ricerca, senza rinnegare se stessi o i propri valori? Qualcuno non so se ci stia riuscendo, ma almeno ci sta provando....leggi la seconda parte dell'articolo.

2 commenti

  1. Ciao Silvie, ho letto con molto interesse i tuoi articoli e mi trovo a condividere moltissimi punti. Io sono nuova dal punto di vista blogging ma non lo sono nella biocosmesi, a cui mi sono avvicinata ormai anni fa proprio attraverso il Forum di Lola che citi. Per me cosmesi naturale significa soprattutto consapevolezza e le aziende presenti al tempo erano poche, ma tutte, oltre ad essere attente all'ambiente lo erano anche a dare ai consumatori un'alternativa dal punto di vista di messaggi pubblicitari reali e formulazioni "attive" e non più vuote come la maggior parte di quelle tradizionali. Innegabilmente questo settore è cresciuto tantissimo e, come ha detto anche Barbara Righini, attrae anche chi desidera semplicemente infilarsi in una nicchia di mercato che ha spazio di crescita, questo è un meccanismo inevitabile. E questa è la tipologia di azienda a cui non interessa avere dei consumatori consapevoli. Questa grande nascita di aziende nuove è secondo me però stata un bene per noi consumatori, oggi abbiamo molta più possibilità di scelta rispetto ad anni fa. E credo che la consapevolezza che negli anni abbiamo acquisito sia proprio il momento di esercitarla, scegliendo con cura a chi vogliamo dare i nostri soldi e le nostre attenzioni. Perchè la differenza tra le aiende, chi è consapevole la vede forte e chiara (e da tempo, aggiungerei).
    Detto questo, anche io in questo Sana ho fatto piacevolissime scoperte, ho saltato alcuni stand a piedi pari e sono sicura di essermi persa moltissime realtà interessanti che non conosco ancora e che meritano... e mi auguro che ci sia il modo di scoprirle l'anno prossimo. Voglio portarmi dietro solo il buono ed ignorare ciò che non mi piace di questo mondo. Concludo dicendo che mi ha fatto molto piacere conoscerti e darti un volto, vera e sincera. Un grande abbraccio!

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    1. Cara Serena, ti ringrazio per aver condiviso il tuo punto di vista! E' stato un piacere anche per me incontrarti :-)

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